Le api non sono solo indispensabili per la salvaguardia della biodiversità sulla Terra, ma sono essenziali anche per la permanenza dell’umanità sul Pianeta.
Questi piccoli insettini infatti sono gli impollinatori più importanti sul pianeta Terra. Volando di fiore in fiore portano a compimento la riproduzione di numerosissime specie, più di quante ci aspetteremmo. Dalla loro azione, direttamente o indirettamente dipendono infatti quasi il 90% delle piante e dei fiori selvatici e il 70% della produzione di frutta e verdura. Solo in Europa si tratta di oltre 4000 tipi di verdure.
Il valore del lavoro di impollinazione giornaliero delle api è stimato in circa 265 miliardi di euro all’anno.
Senza le api perderemmo la gran parte della produzione agricola che attualmente sfama più di mezzo mondo.
Anche per questo motivo, le api sono un indicatore biologico della qualità dell’ambiente, e la loro diminuzione rappresenta un’emergenza ecologica in corso.
In Italia nel 2007 sono morte il 50% delle api, che hanno comportato la perdita di 200.000 alveari, e 250 milioni di euro nel settore agricolo.
Da qualche anno l’Unione Europea ha approvato il bando permanente di tre insetticidi neonicotinoidi dannosi per le api.
Ma a mettere a dura prova la vita delle api non sono solo pesticidi e fitofarmaci.
La morte delle api è causata da molti fattori: cambiamento climatico, cause ambientali, parassiti come l’acaro Varroa.
Le specie di api allevate dall’uomo sono essenzialmente due: l’Apis Mellifera e l’Apis cerana.
L’apis mellifera è praticamente diffusa in tutti i continenti, eccetto l’Antartide ed è l’unica conosciuta in Europa.
Si tratta dell’ape domestica, che si basa su un modello di società tra i più studiati nel mondo animale. Ogni colonia è costituita da un’ape regina, unica femmina fertile, e tra le 40000 e le 100000 api operaie. Tra i 500 e i 2000 maschi, chiamati fuchi, raggiungono l’alveare in primavera, sono senza pungiglione e servono solo a scopo riproduttivo.
L’apis cerana, invece, è anche conosciuta come ape asiatica o orientale. Come si evince dal nome è una piccola ape proveniente dal sud est asiatico, diffusa in particolare in Cina, India, Giappone, Nepal, Malaysia, Bangladesh e Papua Nuova Guinea. Anche l’ape asiatica viene adoperata in apicoltura e la sua cera è usata in apiterapia, cioè il trattamento delle malattie con i prodotti delle api (propoli, miele, polline, pappa reale e veleno).
Il miele, quindi, è solo l’ultimo dei motivi (ma non meno importante) per cui le api vanno salvaguardate.
La produzione mondiale di miele si aggira intorno a 1,86 milioni di tonnellate, con una crescita costante che negli ultimi 10 anni ha registrato un +23%.
La maggiore produzione mondiale di miele avviene in Cina (più di 500.000 tonnellate), seguita dall’Unione Europea (230.000), la Turchia (114.000) e l’Argentina (76.000).
L’Unione Europea importa più miele di quello che esporta.
Nel 2020 il maggiore fornitore europeo di miele è stata l’Ucraina, che ha superato la Cina per esportazioni di miele in UE. I maggiori importatori sono Germania, Polonia e Francia.
In Italia la produzione nazionale di miele supera le 23mila tonnellate, per un valore di oltre 61 milioni di euro.
Si piazza al 6° posto tra i Paesi importatori e al 20° tra quelli esportatori.